Sbirciatina al romanzo dal quale è tratto il misterioso ultimo film di Hayao Miyazaki
Data l’avarizia di informazioni che circolano sull’imminente e già celeberrimo ultimo film del maestro Miyazaki, ogni dettaglio in più è prezioso. Per chi non lo sapesse, lo Studio Ghibli ha comunicato che volutamente non farà promozione con trailer e pubblicità per il suo nuovo film. Uscirà infatti in Giappone tra un paio di settimane, il 14 luglio 2023, e chi andrà al cinema lo farà alla cieca, sulla fiducia. Anche se trattandosi di un film di Miyazaki questa cosa sicuramente non dissuaderà nessuno dal farlo, anzi. La reputo la mossa di marketing più geniale degli ultimi decenni.
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Pur sapendo che non ci saranno spoiler di nessun tipo su come sarà questo fantomatico film, in tanti hanno comunque cominciato una vera e propria caccia al tesoro. Decisi a carpire qualche dettaglio in più su questo blindatissimo lungometraggio. Senza però considerare un fatto plateale. Sulla carta non si tratta di un film originale, ma dichiaratamente ispirato ad un romanzo giapponese preesistente. Il suo titolo è ‘Kimitachi wa do ikiru ka‘ dello scrittore e giornalista giapponese Genzaburo Yoshino, portato anche in Italia da Kappalab in un volume di 256 pagine intitolato E voi come vivrete?
Quindi, se c’è qualcuno che non riesce a vivere senza sapere qualcosa di più su questo film, considerando anche che tra poco uscirà in Giappone ma chissà quando lo farà in Italia, la soluzione è semplice. Basta leggere il romanzo. Anche se probabilmente il film è solo ispirato a questo, e non una trasposizione fedele. Parliamo di un classico per l’infanzia in Giappone, pubblicato in patria più di 80 anni fa ma praticamente sconosciuto nel mercato internazionale ed italiano. Non so in quanti tra voi hanno letto questo romanzo, anche se è già disponibile da tempo la sua versione italiana, oltre che quella inglese. Praticamente da quando è stato annunciato il nuovo film di Miyazaki circa tre anni fa, è uscito quasi subito tradotto.
Se però siete di quelli che, pur odiando gli spoiler, preferite avere un’infarinatura iniziale per captare il potenziale di un’opera, allora proseguite a leggere. La storia inizia con il quindicenne Copper che ha appena subito la perdita di suo padre. Guarda dall’alto la sua città natale Tokyo, osserva le migliaia di persone che la popolano e inizia a riflettere sulle grandi domande della vita. Quante persone vivono nel mondo? Come sono le loro vite? Gli esseri umani sono davvero fatti di molecole?
Il libro si giostra tra la storia di Copper e le annotazioni del diario di un suo caro zio, che gli dispensa consigli e lo aiuta ad apprendere verità fondamentali su come funziona il mondo. Nel corso di un anno intero della sua vita, Copper, come il suo omonimo Copernico, intraprende un viaggio di illuminazione filosofica. Utilizza le sue scoperte del cielo, la terra e la natura umana, per determinare il modo migliore di vivere. L’autore Genzaburo Yoshino riesce a catturare perfettamente la bellezza e la stranezza del Giappone prebellico: il cambio delle stagioni, il tofu fritto e le bancarelle di taiyaki.
Copper e suo zio diventano le nostre guide nella scienza, nell’etica e nel pensiero umano. E lo fanno attraverso una storia scolastica ambientata nel Giappone del 1937. Parlano al nostro cuore attraverso le domande che tutti ci poniamo sul modo giusto di vivere le nostre vite. Nel libro si sperimenta il tradimento e la paura di non essere sempre all’altezza delle aspettative. Si impara a conoscere la vergogna e come affrontarla. Oltre che la gravità terrestre, le città e, soprattutto, si impara a pensare alle cose e a porre, come ha detto lo scrittore Theodore Sturgeon, sempre la domanda successiva. Di seguito il primo capitolo tradotto dalla versione inglese di ‘How do you live?’:
Capitolo primo
Una strana esperienza
È successo un pomeriggio di ottobre dell’anno scorso, quando Copper era ancora uno studente del primo anno. Era con suo zio, loro due in piedi sul tetto di un grande magazzino nel quartiere Ginza di Tokyo. Una sottile nebbia cadeva silenziosa e incessante dal cielo cinereo, tanto che era difficile dire se stesse piovendo o no. Prima che se ne rendessero conto, piccole goccioline d’argento si erano depositate ovunque, sulla sua giacca e sull’impermeabile di suo zio, e sembrava come se fossero stati coperti di brina. Copper rimase in silenzio, guardando Ginza immediatamente sotto.
Dai sette piani in su, la strada principale sembrava uno stretto canale. In fondo, le macchine sfrecciavano in gran numero, una dopo l’altra. Da Nihonbashi sul lato destro, scorrendo sotto di lui a Shinbashi a sinistra, e da lì nella direzione opposta dal lato sinistro fino a Nihonbashi, le correnti gemelle scivolavano l’una accanto all’altra, crescendo e calando mentre procedevano. Qua e là, tra i due corsi d’acqua, un tram avanzava lentamente, con un’aria un po’ stanca del mondo. I vagoni sembravano piccoli come giocattoli e i loro tetti erano scivolosi per la pioggia. Anche le auto, il manto stradale asfaltato e persino gli alberi che fiancheggiavano la strada erano bagnati e luccicanti della luminosità della luce del giorno che proveniva da chissà dove.
Tokyo era sommersa, immobile in fondo al freddo e all’umidità. Copper era nato e cresciuto a Tokyo, ma questa era la prima volta che vedeva le sue strade mostrare un volto così triste e cupo. Il trambusto della città saliva all’infinito dalle profondità dell’aria pesante e umida fino al tetto del settimo piano, ma che questo fosse registrato nelle sue orecchie o meno, Copper rimase lì, paralizzato. Per qualche ragione, era diventato assolutamente incapace di distogliere lo sguardo. In quel momento, iniziò ad accadere qualcosa nel suo profondo, un cambiamento diverso da qualsiasi cosa gli fosse capitata prima.
In realtà, questo cambiamento nel cuore di Copper è legato alla storia di come ha ottenuto il suo soprannome. La prima cosa che accadde fu che vide fluttuare davanti a sé il buio mare invernale battuto dalla pioggia. Quell’immagine potrebbe essergli tornata in mente dai ricordi di quando andò con suo padre nella penisola di Izu per una vacanza invernale. Mentre guardava le strade di Tokyo allargarsi nella nebbia, la città sotto di lui gli sembrò una vasta distesa di oceano e gli edifici che si ergevano qua e là sembravano scogli che spuntavano dalla sua superficie. Sopra l’oceano, il cielo pendeva, minacciosamente basso.
Copper, perso nella morsa della sua immaginazione, pensò vagamente che dovevano esserci esseri umani che vivevano sul fondo di questo oceano. Ma quando rinvenne, per qualche ragione, rabbrividì. Quei piccoli tetti riempivano la terra proprio come le sardine e sotto c’era un numero indefinito di esseri umani! Era una cosa naturale e allo stesso tempo, quando ci ripensava, gli dava una sensazione spaventosa.
In quel momento, sotto gli occhi di Copper, così come in posti che non riusciva nemmeno a vedere, vivevano alcune centinaia di migliaia di persone. Quanti tipi diversi di persone c’erano? Cosa stavano facendo tutti adesso, mentre li osservava dall’alto? Cosa stavano pensando? Era un mondo imprevedibile e caotico. Gli anziani con gli occhiali, le ragazzine con i capelli corti, le giovani donne con i capelli raccolti, i negozianti in grembiule, gli impiegati con i loro abiti occidentali: tutte le persone si materializzavano contemporaneamente davanti agli occhi di Copper e di nuovo scomparivano.
«Zio…» Copper cominciò a parlare.
«Mi chiedo quante persone ci siano solo nei posti che possiamo vedere da qui. Voglio dire, se stimiamo di poter vedere un decimo o forse un ottavo della città di Tokyo, allora il numero di persone non sarebbe da un decimo a un ottavo della popolazione di Tokyo?»
«Be’, non è così semplice», rispose ridendo lo zio. «Se la popolazione di Tokyo fosse distribuita uniformemente, sarebbe corretto proprio come dici tu. Ma in realtà, ci saranno aree ad alta densità e, di conseguenza, aree vuote. Quindi dovresti dare un peso proporzionale a queste aree nei tuoi calcoli. E per di più, hai il giorno e la notte: il numero di persone varierà immensamente. Immagino che, per azzardare un’ipotesi, si potrebbe dire che ci sono alcune centinaia di migliaia… no, forse anche più di un milione di persone che entrano ed escono, che si alzano e si abbassano come una marea oceanica.»
Sopra loro due e alla loro conversazione, la pioggia nebbiosa continuava a cadere. Copper e suo zio rimasero per un po’ in silenzio, guardando la città di Tokyo che si stendeva sotto di loro. Al di là della pioggia che cadeva, luccicante e tremolante, le strade buie della città continuavano a scorrere verso luoghi sconosciuti, dove non si vedeva una sola figura umana. Eppure lì sotto senza ombra di dubbio, centinaia di migliaia, forse persino milioni di persone pensavano i propri pensieri, facevano le proprie cose e vivevano la propria vita. Quelle persone ogni mattina, ogni sera, si alzavano e scendevano come le maree.
Iniziando a parlare, Copper divenne un po’ rosso. Ma si ricompose e disse. «Le persone sono… beh, sembrano un po’ come molecole d’acqua, non credi?» «Infatti. Se paragoni la società umana agli oceani e ai fiumi, i singoli esseri umani potrebbero certamente essere considerati le loro molecole.»
«E, zio, anche tu sei una molecola?»
«Giusto. E lo sei anche tu. Una molecola piccolissima, in effetti.»
«Non prendermi in giro! Le molecole sono automaticamente piccole, no? Zio, sei troppo lungo e magro per essere una molecola!»
Copper aveva una strana sensazione. L’io che osserva, l’io che viene osservato, inoltre l’io che prende coscienza di tutto questo, l’io che si auto-osserva da solo, da lontano. Tutti quei vari io si sovrappongono nel suo cuore e all’improvviso comincia ad avere le vertigini. Nel suo petto qualcosa come un’onda cominciò a beccheggiare e rollare. No, sembrava che lui stesso stesse beccheggiando e rollando. Poi, nella città che si stendeva sconfinata davanti a lui, l’invisibile marea salì fino al suo punto più alto. Prima che se ne rendesse conto, era diventato solo un’altra gocciolina all’interno di quella marea. […]
Se vi è piaciuto l’inizio potete continuare a leggere il libro anche qui > E voi come vivrete?
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