Panasonic ammette di aver provocato il suicidio di un dipendente

Panasonic ammette di aver provocato il suicidio di un dipendente

Una rara ammissione di responsabilità da parte di un gigante dell’elettronica giapponese. Uno dei dipendenti della società Panasonic Corporation nel 2019 si è tolto la vita. Ed ora, a distanza di anni, l’azienda ha riconosciuto la propria colpa nella causa di morte dell’uomo: stress da superlavoro e depressione.

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Il 43enne originario dalla prefettura di Hiroshima, ha iniziato la sua carriera in Panasonic nel 2003, da semplice operaio. Nell’aprile del 2019 è stato poi promosso a vice capo del dipartimento di ingegneria dell’azienda. Questa promozione però ha significato, come spesso succede, maggiore responsabilità e un conseguente aumento drastico delle ore di lavoro.

Secondo il suo avvocato Tadashi Matsumaru, l’impiegato dopo la promozione arrivava a lavorare sempre più di 100 ore alla settimana. Ben oltre le normali 40. L’uomo, caduto in depressione a causa dell’enorme stress lavorativo, dopo 6 mesi di questa vita nell’ottobre del 2019 si è suicidato. Ha lasciato un biglietto ai suoi familiari, soprattutto ai figli:

“Papà è esausto. Sono semplicemente troppe ore di lavoro. Ma non posso abbandonare Panasonic. Raccontate la mia storia ai giornalisti”.

Panasonic ammette di aver provocato il suicidio di un dipendente

Panasonic in un primo momento non ha voluto ammettere la responsabilità dietro il gesto. La depressione poteva non derivare solo dal lavoro ma anche da altre cause. Invece ora ha riconosciuto che la morte del dipendente è stata il risultato del carico di lavoro aumentato dopo la promozione. Hanno quindi rilasciato una ammissione di colpa pubblica in merito:

“Nel 2019 si è verificato un tragico fatto presso la nostra Panasonic Corporation. Un nostro dipendente all’epoca era oberato di lavoro, lavorava troppe ore. Ma l’azienda ha trascurato il proprio dovere di prendersi cura della sua salute e sicurezza. Provocandone così la morte. Vogliamo esprimere le nostre più sentite condoglianze alla sua famiglia”. 

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Panasonic ammette di aver provocato il suicidio di un dipendente

L’azienda ha anche assicurato che d’ora in poi farà il possibile per evitare che un altro incidente come questo si ripeta. Sta infatti esortando i propri dipendenti a lasciare l’ufficio entro le 20:00. Ma perché questa ammissione di colpa è avvenuta con anni di ritardo? Il motivo è che l’ufficio del lavoro ha indagato e scoperto della depressione del dipendente, collegandola al superlavoro, solo dopo. Andando a controllare negli archivi gli orari dell’uomo, li ha inesorabilmente collegati al periodo in cui si suicidò.

La cultura del lavoro che esiste in Giappone è estrema. L’azienda viene prima della famiglia e di se stessi. Il senso di fedeltà e dovere verso essa non consente ai lavoratori di dire di no. Quando vengono richiesti degli straordinari, nessuno si tira indietro dal supportare la propria ditta. A costo di avere a lungo andare, gravi effetti sulla propria salute fisica e mentale. In base alle statistiche del governo giapponese, quasi 1 decesso su 10 in Giappone è collegato allo stress lavorativo. Oltre ai suicidi esiste anche il karoshi, una parola giapponese che identifica proprio la morte da superlavoro principalmente causata da ictus e infarti.

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