Il PM giapponese Fumio Kishida non include nessuna donna nel rimpasto di governo
Anche se il 13 settembre scorso aveva anticipato la possibilità di avere cinque donne nel suo nuovo gabinetto di governo, ora il Primo Ministro Kishida non ne ha nominata nessuna tra i 26 vice ministri senior e i 28 segretari parlamentari. L’idea iniziale era quella di eguagliare il numero record per il Giappone, ovvero quello nominato da Koizumi nell’aprile 2001 e da Abe nel settembre 2014. E invece niente, nessuna donna.
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E’ la prima volta dal 2001 che non c’è una donna in questi ruoli nel governo giapponese. Invece di andare avanti con l’inclusione femminile, argomento in cui è in generale retrogrado, torna indietro. La percentuale ridicola di donne nella politica giapponese, è uno dei principali fattori che contribuiscono al suo basso piazzamento nella classifica del Forum economico mondiale sul divario di genere. Risultato che declassa il Paese agli occhi del mondo e dei relativi investitori stranieri.
A giugno il governo aveva pensato di correre ai ripari. Fissando l’obiettivo per le società quotate sul mercato principale della Borsa di Tokyo, di avere almeno il 30% delle posizioni dirigenziali ricoperte da donne. Per provare ad allinearsi alle nazioni più avanzate nell’uguaglianza di genere. Il piano prevede di garantire anche ai dipendenti maschi il diritto al congedo di paternità. E un sistema per mantenere inalterato il reddito per la famiglia anche quando si lavora a orario ridotto, almeno fino al compimento dei due anni di età per il figlio.
Inoltre è anche 116° su 146 paesi nella classifica sul divario di genere compilata dal Forum economico mondiale nel 2022. Quindi, malgrado tutte le buone intenzioni, sembra che la mentalità nipponica sia ancora troppo retrograda riguardo al ruolo delle donne nella società. In questa cosa si può dire che sia più indietro dell’Italia ed è incredibile, perché anche noi non siamo messi molto bene.