Il Giappone è un paese LGBTQIA+ friendly?
Una delle domande che esce fuori sempre più spesso è: il Giappone è un paese LGBTQIA+ friendly? Immaginiamo una ipotetica prima vacanza a Tokyo. Ovviamente non possiamo perderci il vivace quartiere di Shinjuku e una cena nel suggestivo vicolo pieno di ristorantini tipici Omoide Yokocho. In seguito un giretto a piedi nel vicino quartiere di Kabukicho, fino ad arrivare in una zona piena di minuscoli bar chiamata Golden Gai per continuare la serata.
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Continuando l’esplorazione verso est, ci ritroveremo poi in un quartiere chiamato Shinjuku-ni chome. Qui noteremo un’importante libreria, così come molti negozi e locali che si rivolgono chiaramente ad un pubblico gay. L’atmosfera è discreta e piacevole e si vedono passeggiare molte coppie omosessuali. Dentro i caffè ci sono anche turisti occidentali, sia gay che etero.
Facendo questo giro l’impressione di tutti sarà sicuramente che il Giappone, Tokyo in particolare, sia molto LGBTQIA+ friendly. In verità in questo paese si è creato nel tempo un curioso equilibrio tra le rigide aspettative sociali e culturali tradizionali e la modernità. E questo vale per tutto, non solo per l’argomento specifico in questione. Un equilibrio tra vecchio e nuovo spesso sorprendente, addirittura inspiegabile per le altre nazioni. Proviamo ad analizzarlo in 5 punti.
1. L’omosessualità maschile era, ed è, tollerata nella cultura giapponese
Da fuori il Giappone dà l’impressione di abbracciare l’omosessualità più apertamente rispetto agli altri paesi asiatici. Dopotutto i manga di genere yaoi (o boys love, amore tra ragazzi), vengono da lì e sono un genere amatissimo in tutto il mondo.
A questo va aggiunto anche il fatto che in Giappone nelle religioni principali come shintoismo o buddhismo, non esistono principi che vietano l’omosessualità. Si ritiene che il Nanshoku 男色, cioè l’amore maschile, sia stato a lungo parte integrante della vita privata giapponese. Soprattutto durante il periodo Tokugawa Edo (1603-1868).
Un esempio spesso citato è quello del leggendario signore della guerra Oda Nobunaga che aveva una relazione con il suo servitore, Mori Ranmaru. Anche i samurai spesso erano coinvolti romanticamente e sessualmente con i loro pupilli. Diverse opere letterarie classiche giapponesi poi, tra cui il famoso Genji Monogatari, includono descrizioni dettagliate dell’amore maschile.
2. L’omosessualità femminile invece era, ed è ancora, meno tollerata
Praticamente tutte le menzioni storiche e letterarie giapponesi sull’omosessualità di cui ho parlato sopra, riguardano solo quella maschile. Di testimonianze riguardanti la sessualità tra genere femminile invece ne esistono pochissime giunte fino a noi.
Questo perché in passato in Giappone (ma non solo), si pensava che le donne non dovessero avere gusti sessuali. Erano considerate o oggetti del desiderio o madri di famiglia di proprietà degli uomini. Prova questa della storica disuguaglianza di genere tipica giapponese, che purtroppo in molti campi persiste ancora oggi.
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(spezzo i post per far caricare prima le pagine)